Santo Stefano Teodoro Cuénot Vescovo e martire
14 novembre
Le Bélieu, Francia, 8 febbraio 1802 – Binh Dịnh, Vietnam, 14 novembre 1861
Emblema: Palma
Martirologio Romano: Nella fortezza di Binh Dinh in Cocincina, ora Viet Nam, santo Stefano Teodoro Cuénot, vescovo della Società per le Missioni Estere di Parigi e martire, che, dopo venticinque anni di impegno nell’apostolato, durante la persecuzione contro i cristiani scatenata dall’imperatore T? D?c, fu gettato nella gabbia di un elefante e morì sfinito dalle sofferenze.
” Questo secolo aveva due anni … Già Napoleone spuntava sotto Buonaparte … “. Così tracciava il suo poetico atto di nascita Victor Hugo, patriarca della letteratura romantica francese, nato a Besancon nel 1802, sotto Napoleone Primo Console.
Nello stesso anno dell’autore dei Miserabili nasceva a Réaumont, nel Bélieu, il figlio di un agricoltore de-stinato a diventar Vescovo come il vittorughiano Monsignor Myriel, e a convertire, chiamandolo fratello, non soltanto un galeotto di buon cuore, come Jean Valjean, ma migliaia di pagani dell’Indocina, tutti considerati e amati come fratelli.
Nel Vescovo Myriel, Victor Hugo tracciava il profilo ideale di un prelato naturalmente ” aristocratico “, ma vicino al popolo e alle sue miserie, con spirito metà evangelico e metà rivoluzionario. Nel Vescovo Stefano Teodoro Cuénot – se l’avesse conosciuto – avrebbe potuto ravvisare l’immagine non letteraria di un vero figlio del popolo per il quale il ” prossimo ” non era né un’espressione generica, né una certa classe sociale, in un certo paese, in un certo periodo storico, ma abbracciava uomini di ogni classe, razza e nazionalità, in quella perenne rivoluzione che è il vero Cristianesimo. Battezzato in un fienile, educato da curati di campagna, il giovane Stefano Teodoro fu mantenuto agli studi, dai genitori contadini, con doni in natura. Quando anche questi non bastarono, dovette lasciare la scuola. Allora l’intero villaggio si tassò volontariamente affinché il promettente ragazzo potesse continuare i suoi studi.
Entrando in Teologia, perché fosse presentabile, se non proprio ben vestito, la madre sacrificò il proprio abito da sposa per fargli una veste. Il primo gesto del neo-sacerdote fu quello di regalare alla mamma un vestito nuovo. Ondeggiò e indugiò, prima di trovare la vera vocazione. Ebbe tra l’altro la passione per la orologeria, e volle brevettare un proprio meccanismo per il moto perpetuo. Fu catechista e insegnante nel gruppo detto ” li ritiro cristiano “. Finalmente infilò la giusta strada entrando, nel 1827, nel portone di Rue du Bac, a Parigi, dove avevano sede i Padri Missionari di San Vincenzo de Paul.
L’anno dopo il nuovo missionario giungeva in Indocina. Nel 1835 veniva consacrato Vescovo di Metellopolis, coadiutore di quella che allora si chiamava la Cocincina. Fu un Vescovo sempre sul campo di battaglia, perché i cristiani dell’Indocina, praticamente abbandonati a se stessi, erano sottoposti a continue vessazioni e persecuzioni da parte delle autorità buddiste.
Nonostante ciò, i convertiti del Vescovo Cuénot si contavano ogni anno a migliaia. Per uno che abiurava sotto le torture, cento chiedevano di essere battezzati. Il clero indigeno triplicò, mentre il Vescovo moltiplicava le traduzioni dei libri sacri, le chiese, gli orfanotrofi, e anche le lontane regioni montagnose del Laos venivano raggiunte dalla predicazione e dall’esempio del Vescovo francese.
Nel 1861, al rincrudirsi della persecuzione da parte del re Tu-Duc, anche il Vescovo Cuénot venne catturato e rinchiuso in una stretta gabbia. Non fu ucciso materialmente, ma fu fatto avvelenare lentamente, propinandogli disgustosi ” medicamenti ” indigeni. Per questo viene considerato come martire, e onorato con il titolo di Beato.
Il miglior elogio gli venne dai suoi carcerieri, che dissero di lui: ” Era diventato perfetto. E il cielo si è affrettato a riceverlo, senza permettere ch’egli subisse un simile supplizio “. Infatti era già cadavere quando il suo corpo venne fustigato e decapitato. E un anno dopo, un trattato tra Francia e Indocina, sanciva almeno in teoria la libertà di culto.