San Guglielmo di York
8 giugno
Etimologia: Guglielmo = la volontà lo protegge, dal tedesco
Martirologio Romano: A York in Inghilterra, san Guglielmo Fitzherbert, vescovo, che, uomo amabile e mansueto, deposto ingiustamente dalla sua sede, si ritirò tra i monaci di Winchester e, una volta restituito alla sua sede, perdonò i suoi nemici e favorì la pace tra i cittadini.
Figlio del conte Erberto di Winchester e di Emma, sorellastra del re Stefano d’Inghilterra, Guglielmo Fitzherbert, conosciuto anche come Guglielmo di Thwayt, abbracciò ben presto lo stato ecclesiastico, divenendo verso il 1130 canonico di York e tesoriere di quel capitolo cattedrale.
Andata a vuoto, dopo la morte dell’arcivescovo Turstano (6 febbraio 1140), l’elezione alla sede di York di Enrico di Sully, abate di Fécamp, il quale non volle lasciare la sua abbazia per il vescovato, fu posto sulla cattedra episcopale nel gennaio del 1141 Guglielmo, assai stimato per la profonda pietà che lo animava ed amato inoltre per la sua bontà e santità di vita. La sua elezione fu tuttavia fortemente contrastata dall’arcidiacono Walter di Londra e da alcuni altri, che sostenevano invece la candidatura, a quanto pare, del cistercense Enrico Murdac, rimasto comunque in minoranza. Dall’arcivescovo Teobaldo di Canterbury, presso cui gliioppositori di Guglielmo avevano fatto ricorso avanzando contro di lui accuse di simonia e di intrusione regia, l’affare venne rimesso al giudizio della Sede apostolica; ma Innocenzo II riconobbe la piena validità dell’elezione di Guglielmo il 6 settembre 1143.
La morte di Innocenzo II e i due successivi brevi pontificati di Celestino II e di Lucio II riuscirono però fatali a Guglielmo. Immerso nelle cure della sua diocesi, aveva sempre procrastinato la richiesta del pallio, e non poté piú averlo anche se gli era già stato accordato, perché il legato pontificio Imaro di Tuscolo, inviato appositamente in Inghilterra, se lo era riportato indietro avendo dovuto far ritorno a Roma per la sopraggiunta morte del papa. L’esaltazione al pontificato di Eugenio III, il 15 febbraio 1145, rianimò le speranze di Enrico Murdac, il quale ricorse immediatamente al nuovo papa, giovandosi non solo del fatto di essere anch’egli cistercense, ma soprattutto della protezione di Bernardo di Chiaravalle, ascoltatissimo maestro di Eugenio III. Il papa non esitò infatti ad accogliere le proteste del Murdac e le istanze di Bernardo: sospeso in un primo tempo Guglielmo dalle sue funzioni episcopali, finí poi col deporlo e col sanzionare la nuova elezione dell’abate di Fountaine’ a cui conferí egli stesso la consacrazione arcivescovile, il 7 dicembre 1147, dandogli anche il pallio.
Privato in tal modo della sua diocesi, Guglielmo si recò dapprima per qualche tempo alla corte di Ruggero, re di Sicilia e suo parente, quindi, tornato in Inghilterra, si ritirò presso lo zio vescovo, Enrico di Blois, a Winchester, dove rimase sino al 1153, allorché, morti a breve distanza l’uno dall’altro Eugenio III (8 luglio), s. Bernardo (20 agosto) e l’arcivescovo Enrico Murdac (14 ottobre), si affrettò a recarsi a Roma per far valere le sue buone ragioni presso il nuovo pontefice Anastasio IV, che si dichiarò senz’altro in suo favore.
Avuti finalmente riconosciuti i suoi diritti e ricevuto in pari tempo anche il pallio, Guglielmo poté rientrare nella sua antica sede di York, ai primi di maggio del 1154, trionfalmente accolto da tutta la popolazione. Il crollo di un ponte di legno sul fiume Ouse, rovinato improvvisamente sotto il peso eccessivo della folla che vi si era ammassata, senza tuttavia che si avessero a lamentare vittime, accrebbe la popolarità di Guglielmo, che cominciò anche ad essere oggetto di particolare venerazione perché si volle attribuire alle sue preghiere la miracolosa incolumità di quanti erano stati trascinati nel crollo del ponte.
Per pochissimo tempo, nondimeno, poté egli governare la sua ricuperata diocesi, perché un mese dopo il suo trionfale ingresso a York venne colto da un subitaneo e grave malore mentre, di domenica, stava celebrando la Messa, morendo qualche giorno dopo, l’8 giugno 1154. In base all’accusa fatta in tale occasione da Sinforiano, uno dei cappellani del defunto arcivescovo, e mai provata del resto, fu avanzato il sospetto che gli fosse stato versato del veleno nel calice dall’arcidiacono Osbert.
Sepolto in una cappella della sua cattedrale, sulla sua tomba non tardarono a verificarsi frequenti miracoli, che ne favorirono la canonizzazione nel 1227 per opera di Onorio III, come risulta dal Martirologio Romano, in cui sotto la data dell’8 giugno si può leggere infatti: “Ab Honorio papa tertio in Sanctorum canonem relatus est”. Nel 1284 il corpo di s. Guglielmo venne trasferito dal suo primitivo sepolcro nella navata centrale del tempio, alla presenza del re Edoardo I e della regina Eleonora, ma i preziosi resti, che pur non ebbero a soffrire danno per tutto il tempo della Riforma, scomparvero durante il sec. XVIII. La festa del santo si celebra l’8 giugno, mentre il 9 gennaio viene commemorata la traslazione delle sue reliquie.